I tappeti orientali sono realizzati sostanzialmente attraverso due tipi di annodatura: quella con il nodo ghiordes e quella con il nodo senneh.
Il nodo ghiordes, o nodo simmetrico, prende il nome dalla città turca di Gördes ed è infatti la tecnica di annodatura più diffusa in Turchia benché sia ampiamente utilizzato anche in Iran, soprattutto nelle aree ai confini con la Turchia ed il Caucaso, in Azerbaijan, e dalle popolazioni curde o di etnia turca e caucasica.
Il nodo senneh, o nodo asimmetrico, è il nodo più diffuso tra le manifatture più strutturate delle città ed il suo utilizzo è concentrato soprattutto nell’Iran centrale e settentrionale. E’ da rilevare però che le aree di impiego di uno o dell’altro sistema di annodatura non sono sempre così nettamente delineate e non è raro che in seno alla stessa tribù, villaggio o area manifatturiera, se non talvolta nello stesso esemplare, si pratichino alternativamente entrambi i nodi.
Dunque per realizzare il nodo ghiordes l’annodatore prende un pezzo di filo dalla matassa e lo fa passare dietro a due fili di ordito attigui facendone poi rientrare i due capi al centro dei due fili di ordito, e trascinando quindi in basso il nodo così realizzato in modo da farlo serrare sul filo di trama sottostante.
La differenza con il nodo senneh o asimmetrico sta nel far passare in questo secondo caso il filo di lana staccato dalla matassa intorno al filo di ordito di destra e soltanto dietro al filo di sinistra ottenendo così che i due capi spuntino l’uno alla destra dell’ordito di sinistra e l’altro alla destra dell’ordito di destra. In questo modo si otterrà il nodo asimmetrico aperto a destra. Annodando specularmente si avrà invece aperto a sinistra. Utilizzando questo sistema di annodatura il vello risulterà avere una leggera inclinazione anche verso destra (o sinistra). Naturalmente il colore del filato andrà cambiato seguendo lo schema disegnato sul cartone dall’ustad andando a comporre, nodo dopo nodo, fila dopo fila, il decoro del tappeto.
Oltre al ghiordes ed al senneh, un discorso a parte merita lo jufti, anticamente utilizzato nell’area del Khorassan per realizzare tappeti raffinati, è oggi una pratica sfruttata nella produzione di esemplari di bassa qualità. Più che una tipologia di nodo vera e propria, infatti, lo jufti è una tecnica che può essere applicata indifferentemente ad entrambi i sistemi di annodatura e consiste nel realizzare il nodo facendo passare il filo di lana attraverso tre o addirittura quattro fili di ordito: ciò consente un netto risparmio di filato ma anche e soprattutto un notevole risparmio di tempo, velocizzando la produzione. E’ chiaro che questa pratica fraudolenta pregiudica non solo la bellezza e la resistenza del tappeto, ma anche la qualità e di conseguenza il valore intrinseco del manufatto.
L’esecuzione del tappeto inizia con la tessitura di qualche centimetro di kilim facendo passare la navetta con il filo di trama tra i fili alternati di ordito. Questa parte del tappeto può essere di pochi centimetri oppure più ampia, soltanto tessuta oppure con inserimenti di annodatura a formare un cartiglio o addirittura un disegno a rilievo (è il caso di alcuni Tabriz pregiati): come l’annodatura delle frange ogni area di produzione ha una sua tipica tradizione. La testata delimita la parte del vello dalle frange.
Partendo da questa base, si comincerà ad annodare la prima fila di nodi, poi i fili di trama, abitualmente uno più spesso e teso ed uno più sottile che chiude meglio ogni singolo nodo, quindi si procede con una sorta di pettine ricurvo ad esercitare una pressione sui fili di trama in modo da ‘fissarli’ saldamente alla fila di nodi sottostante e, man mano che si procede, a tutte le altre file già annodate. E’ fondamentale che tutte le operazioni vengano sempre effettuate con la stessa pressione e impiegando la stessa forza altrimenti il prodotto finito potrà risultare storto o presentare gobbe. La navetta con il filo di trama chiuderà gli ultimi due fili laterali di ordito con un sopraggitto a formare la cimosa che verrà poi ricoperta a manufatto terminato da un filo in lana (o in seta se il vello è realizzato in seta) che chiuderà la cimosa ancorandola alla struttura del tappeto. Ad ogni fila di nodi che si aggiunge si comincerà a cambiare il colore del filato del nodo con cui si annoda procedendo a seconda delle indicazioni fornite dal cartone su cui è stato riportato il disegno che si vuole realizzare. Il vello del tappeto è formato dai cappi recisi dei nodi.
Terminata l’annodatura, si avrà un tappeto grezzo dal quale traspare appena la vera meraviglia che si potrà ammirare una volta terminate le operazioni di rifinitura
Innanzitutto è indispensabile procedere alla rasatura uniforme del vello per far risaltare il disegno: più l’annodatura è fitta e più è possibile rasare basso il vello ottenendo una impareggiabile nitidezza dei decori. La rasatura deve essere precisa per non avere l’effetto macchia dato dalla diversa altezza del pelo: per questo artigiani specializzati, procedono dapprima a macchina per la rasatura, talvolta la stessa con cui si tosano le pecore, e quindi con forbici ricurve ed una ciotola che funge da ‘bolla’ da muratore.
Quindi si procede a ‘bruciare’ le fibre che sporgono dal rovescio del tappeto. Fatto questo, si spazzola accuratamente tutto l’esemplare prima di procedere alla bordatura a mano, al lavaggio ed infine alla sistemazione delle frange, pareggiandole.