Il melograno è una pianta diffusa in un ampio territorio dell’area euroasiatica, dall’Iran all’India settentrionale, al Caucaso, all’Armenia fino al Mediterraneo. Il termine deriva dal latino malum granatum, ovvero mela granata e ha assunto valore simbolico in molte religioni e culture sin dall’antichità.
La scorza robusta e rustica che schiudendosi svela un tesoro di succosi semi rosso brillante lo hanno reso un frutto prodigioso per molte comunità, tanto più prezioso in quanto la pianta cresce in ambienti ostili, brulli, aridi, semi desertici.
Si sente da lontano
il canto melodioso di un uccello,
dalle parole amorose come i chicchi di un melograno
ed ogni chicco è un bel ritornello
Hamid Misk
Troviamo la melagrana già nell’iconografia mesopotamica del IV millennio a.C. e più tardi in Egitto, dove era impiegato per le sue proprietà terapeutiche, in alcune tombe risalenti al 2500 a.C. e persino nel monumento funebre di Ramses IV (1145 a.C.).
In Persia lo si ritrova nel culto Zoroastriano come immagine solare e conosce un’ampia diffusione in tutte le arti più tardi, in epoca safavide, allorchè al pari di altri frutti dai molti semi diviene simbolo di fecondità e di buon augurio per una discendenza numerosa.
L’avvento dell’Islam ne consolida la fama: il melograno infatti è citato nel Corano tra gli alberi che crescono nel giardino del paradiso ed i suoi frutti sono menzionati in un altro versetto tra le buone cose create da Dio.
Nondimeno lo si trova nella Bibbia: è tra i sette frutti indicati nel Deuteronomio come prodotti in abbondanza nella Terra Promessa: la terra donata da Dio è ricca perché …”terra di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; terra di ulivi, di olio e di miele”. È anche uno dei frutti che i dodici esploratori riportano a Mosè: “Giunsero fino alla valle di Escol e là tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva, che portarono in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi” (Num 13,23). E ancora nell’Esodo la ritroviamo a decorare le vesti del sommo sacerdote, simbolo della benedizione di Dio; nel libro dei Re sono descritte le melagrane raffigurate sui capitelli del Tempio di Salomone a Gerusalemme ad indicare l’alleanza con Dio.
Ma è nel Cantico dei Cantici che il melograno raggiunge la massima carica simbolica: qui diviene simbolo dell’amore fedele e fecondo, dell’intensità della relazione, della bellezza dell’amata – “come spicchio di melagrana è la tua tempia dietro il tuo velo” (4,3; 6,7). Nel giardino, luogo dell’amore, fioriscono i melograni e l’amato scorge nel melograno il simbolo della vita, della fertilità e della felicità di cui è portatrice la sua sposa.
È un simbolo quindi ampiamente ricorrente in tutta la cultura ebraica con diversi significati. I semi fittamente stipati all’interno del solido guscio, ad esempio, hanno spesso identificato l’unità del popolo ebraico; così come la capacità apparentemente miracolosa di questa pianta di prosperare richiedendo pochissima acqua e generando chicchi tanto dolci e succulenti ha fatto dei suoi frutti un emblema della prosperità, della ricchezza e della fertilità. Il numero di semi inoltre, circa 600, tradizionalmente indicato in 613 come le prescrizioni della Torah – 248 obblighi e 365 divieti – lo ha reso un simbolo di onestà e correttezza. Nella liturgia del Capodanno ebraico, il Rosh ha-shanah, si usa consumare alcuni alimenti simbolici, accompagnandoli con preghiere di buon augurio; tra questi vi è appunto la melagrana cui fa eco la benedizione – “I nostri meriti siano numerosi come i semi del melograno.”
Da Oriente, più precisamente dalle divinità anatoliche e mesopotamiche il mito della melagrana raggiunse la Grecia dove comparve nelle raffigurazioni sacre e in quelle profane e dove lo si ritrova con numerosi riferimenti alle divinità: il melograno sarebbe nato dal sangue di Bacco ucciso dai Titani e resuscitato da Rea ma è anche legato al mito del rapimento di Proserpina, nonché un attributo di Era e di Afrodite.
Dalla Grecia a Roma, la melagrana entra nell’arte e nella decorazione sacra come simbolo cristiano della resurrezione. Il tema è ripreso nei dipinti di molti grandi artisti, da Leonardo a Botticelli a Carlo Crivelli, simbolo della ricchezza interiore e, talvolta, in mano a Gesù bambino, anticipatore della passione. Il suo succo rosso rimanda infatti al colore del sangue e per la stessa ragione nell’iconografia cristiana diviene anche simbolo di martirio fecondo, frutto dai molti semi.
Per tornare alle aree di produzione dei tappeti, come abbiamo visto la melagrana è un simbolo trasversale che compare in molte culture e da lungo tempo. Non è raro quindi trovarlo rappresentato, chiuso o aperto, con i semi a vista o ancora appeso ai rami di un albero, stilizzato fino a farsi segno o motivo geometrico oppure reso con grande perizia naturalistica; sempre e comunque il suo significato positivo e beneaugurante si estende a tutto il manufatto.