Materiali: trama, ordito e vello in pura seta naturale di prima qualità; tinture naturali
Dimensioni: cm. 242 x 160 = 3.87 Mq
Annodatura: circa 1.250.000 nodi/mq
Disponibile
Esaurito
Materiali: trama, ordito e vello in pura seta naturale di prima qualità; tinture naturali
Dimensioni: cm. 242 x 160 = 3.87 Mq
Annodatura: circa 1.250.000 nodi/mq
Disponibile
Una vita, ben oltre mezzo secolo, spesa tra cartoni, filati pregiati e telai, Agha Gol Mirmehdi è tra i massimi maestri che hanno reso i tappeti di Qom tra i più prestigiosi e ricercati al mondo. Un gigante nelle cui mani la tradizione artigianale è diventata arte tessile; un innovatore raffinato nella creazione di disegni, Mirmehdi, mai dimenticando le radici antiche da cui attinge, ha saputo utilizzare un linguaggio nuovo e personalissimo, sperimentando accostamenti cromatici inusuali ed audaci, aprendosi a contaminazioni iconografiche di altre culture che, rielaborate con sapiente maestria, ritroviamo sovente nelle sue opere.
Parliamo di opere e non semplicemente di tappeti perché il più copiato e falsificato dei maestri persiani del ‘900 concede poco o nulla alla riproducibilità, non più di quanto gli artisti occidentali abbiano concesso alle grafiche d’autore.
La scelta rigorosa dei materiali migliori, la seta naturale principalmente, e dei processi produttivi intermedi come la filatura a mano o la tintura naturale dei filati, e, soprattutto, l’annodatura fittissima, hanno permesso ad ognuno dei suoi lavori di raggiungere livelli di eccellenza e di prestigio che pochi altri manufatti riescono ad eguagliare.
Questa breve premessa era necessaria per raccontare in maniera esaustiva il capolavoro che presentiamo in questa sequenza fotografica. Uno di due esemplari straordinari – il fratello è oggi in Giappone – è forse tra le opere più emblematiche degli ultimi anni.
Non è raro che nella storia di un artista si rintracci una singola opera che più di tutte lo rappresenta e lo identifica, una creazione che costituisce il punto massimo della sua ricerca o, talvolta, il suo ‘testamento artistico’, la summa del lavoro di una vita, il raggiungimento dell’eccellenza, la sintesi perfetta; il capolavoro, appunto.
Eccolo.
Una selva fitta di fiori di ogni forgia e colore, una moltitudine di specie, ora rese con dovizia naturalistica di particolari ora quasi fantastiche, che invade letteralmente tutto il campo centrale del tappeto e prosegue oltre le cornici, superandone il limite, oltrepassando ogni confine. Una maestosa celebrazione della grandezza divina, della bellezza che permea ogni millimetro, un giardino dove sarebbe vano ogni tentativo di arginare una tale esplosione di vita.
Eppure, visto nel suo insieme, la straordinaria abilità dell’artista ci restituisce un lavoro che appare dominato da una grazia sobria e da una raffinata armonia di forme e colori che si compenetrano con grande leggerezza. Ma è nell’osservazione minuziosa che troviamo la meraviglia e, infatti, solo attraverso l’analisi attenta della globalità dell’opera scopriamo l’eccezionalità dei dettagli.
La grandiosità dell’opera si svela a poco a poco: una schiera di uccelli, pappagalli, pavoni, usignoli ma anche il mitico Simorgh, mimetizzati tra foglie e petali che ne compongono le forme. Per la loro capacità di volare in quasi tutte le culture antiche, gli uccelli sono metafora di aspetti del divino, ambasciatori della relazione tra cielo e terra. Un mondo che ne conserva in sé un altro nascosto nelle pieghe del visibile e che si palesa solo a chi sa leggere tra le righe, a chi sa guardare oltre l’apparenza, a chi non si ferma alla superficie. Un lavoro strutturato su diversi piani, da sfogliare come un libro, e che, per questa ragione, si presta a diverse letture ed interpretazioni.
E infatti lentamente ecco emergere elementi che attingono ad altre tradizioni iconografiche. Come la carpa, koi ad esempio, ampiamente impiegata nelle arti giapponesi non solo per la sua bellezza ma soprattutto quale simbolo di perseveranza. Di origine cinese, dove una leggenda narrava la sua risalita del Fiume Giallo fino alla Porta del Drago superata la quale si trasformava in un dragone immortale, questo pesce capace di nuotare controcorrente, costantemente in movimento, rappresenta magnificamente il coraggio e la forza di lottare e superare le avversità, virtù che consentono di raggiungere qualunque traguardo.
Non bisogna dimenticare, tuttavia, che un impianto iconografico di tale complessità è reso possibile da abilità tecniche di altissimo livello: occorrono infatti le migliori maestranze per ottenere un manufatto che annovera oltre 1.200.000 nodi al metro quadrato. Nondimeno la selezione dei materiali – esclusivamente pura seta naturale di prima qualità – risulta fondamentale per consentire annodature così fitte. Ancora oggi è lo stesso Mirmehdi a soprintendere e coordinare ogni singolo passaggio nella realizzazione dell’opera: nulla è lasciato al caso ed ogni aspetto tecnico rispetta i migliori standard qualitativi.
La misura del valore che il Maestro attribuisce a quest’opera è data anche dalla sua firma per esteso che, mimetizzata tra gli elementi del disegno ne diventa parte integrante.
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